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Michele Iaselli e Stefano Gorla, “Storia della Privacy”
ciascun simbolo è infatti scelto in quanto capace di raccontare qualcosa del
suo detentore: un intento, un proposito, un’inclinazione caratteriale o altro.
La stessa etimologia del termine sottolinea tale vocazione: la parola impre-
sa deriva dal tardo latino impresum, participio passato di imprendere, nel
senso di “prendere sopra di sé”, “prefiggersi” un intento morale, un precet-
to o una norma.
Con l’avvento della stampa, e grazie sempre ai banditori, avviene la diffu-
sione delle notizie, importanti o meno, o cronache.
Alla nascita della letteratura italiana, si è insinuato nella Divina Commedia
di Dante e nella novella boccaccesca, ed è diventato la prova schiacciante
nei processi dell’Inquisizione. Pettegoli sono stati grandi personaggi del
Cinquecento come Niccolò Machiavelli, Francesco Guicciardini e Pietro
Aretino, e principesse alla corte settecentesca di Luigi XIV.
Ma senza audience, dunque, la maldicenza non funziona. Lo sapeva bene
Pietro Aretino (1492-1556), il “flagello dei principi”. «Aveva capito che lo
scrittore doveva stabilire un rapporto durevole con un pubblico il più vasto
possibile» spiega Aldo Budriesi, storico della letteratura. «Per guadagnare
bisognava che un libro fosse venduto in moltissime copie».
E per vendere, come oggi, non c’era nulla di meglio che solleticare la curio-
sità di chi guardava con invidia i più famosi. “Qui giace l’Aretin, poeta to-
sco; di tutti parlò mal, fuor che di Cristo, scusandosi col dir: non lo cono-
sco”, recitava la sua lapide.
L’Aretino fu cacciato da Roma per ordine di papa Adriano VI. Erano sue
anche alcune “pasquinate”: sulla statua di Pasquino (un calzolaio, un risto-
ratore o forse un barbiere), nel centro di Roma, venivano appesi componi-
menti per lo più anonimi che dileggiavano il clero e la nobiltà, mettendone
in piazza vizi e capricci con una pesantezza tale che tra il 1500 e il 1600 si
ricorse a dure misure repressive. Le pasquinate sconfinavano nella satira.
Per la morte di papa Alessandro VI Borgia (1503), accusato di lussuria e
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