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Maurizio Taliano e Davide Acquaviva, “I Compro Oro”
La ricettazione è forse l’ambito criminale che maggiormente carat-
terizza le suddette attività commerciali. All’atto dell’acquisto dei
gioielli in oro usati è necessario esibire un documento d’identità o
di riconoscimento, ai fini dell’identificazione della persona che
vende, e la registrazione dei preziosi alienati. Tuttavia questi obbli-
ghi vengono spesso elusi, soprattutto quando il negozio è di pro-
prietà del crimine organizzato e debba essere ricettato materiale
prezioso proveniente dalla consumazione di reati.
Anche i malviventi legati principalmente alla microcriminalità si ri-
volgono a quei Compro Oro non onesti e con poco scrupolo, per
lemento materiale della disponibilità di denaro o altra utilità di provenienza illecita:
il delitto di ricettazione richiede una generica finalità di profitto; quello di riciclag-
gio lo scopo ulteriore di far perdere le tracce dell’origine illecita; quello di reimpie-
go di proventi illeciti che tale scopo sia perseguito facendo ricorso ad attività econo-
miche o finanziarie (Cass. pen., sez. II, 16 aprile 2003, n. 18103). In particolare le
condotte di riciclaggio e di reimpiego sono caratterizzate da un tipico effetto dissi-
mulatorio, risultando dirette in ogni caso ad ostacolare l’accertamento sull’origine
delittuosa di denaro, beni o altra utilità (Cass. pen., sez. I, 11 gennaio 2008, n. 1470).
L’incauto acquisto e la ricettazione hanno in comune il presupposto della effettiva
provenienza delle cose da reato con in più il requisito, per l’incauto acquisto, che
tale origine deve essere sospetta per la qualità, entità del prezzo e condizione dell’of-
ferente, unitamente alla colpa del mancato accertamento della provenienza illecita
delle cose acquistate. Il delitto di trasferimento fraudolento di valori può fungere da
reato presupposto, ovvero agevolare la commissione dei delitti di ricettazione, rici-
claggio e reimpiego di proventi illeciti; si concretizza nell’attribuzione fittizia della
titolarità o della disponibilità di denaro o altra utilità realizzata in qualsiasi forma.
Il fatto-reato consiste, quindi, in una situazione di apparenza giuridica e formale
della titolarità o disponibilità del bene, difforme dalla realtà sostanziale, e nel rea-
lizzare volontariamente tale situazione al fine di eludere misure di prevenzione patri-
moniale o di contrabbando ovvero al fine di agevolare la commissione di reati rela-
tivi alla circolazione di mezzi economici di illecita provenienza (Cass. pen., sez. II, 9
luglio 2004, n. 38733 e Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2005, n. 14626).
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